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Spettacoli

Rosso malpelo

ispirato alla novella di Giovanni Verga
testo: Cristina Bartolini
adattamento scenico e regia: Sergio Galassi
con: Cristina Bartolini
scene e costumi: Vittorio Marangoni
disegno luci: Davide Bagni
musiche: Goran Bregovic


Modello esemplare del verismo verghiano, Rosso Malpelo narra, alla maniera del racconto popolare, di un "ragazzaccio" dai capelli rossi, brutto, sporco e cattivo secondo il pregiudizio dei più, che lavora in una cava di sabbia della Sicilia, un povero infelice, precocemente indurito – fino ad apparire cinico e spietato – dai rigori della vita e dall'atrocità della sua condizione di ragazzo sfruttato.
In realtà, Rosso nasconde dentro di sé una sua umanità e un suo bisogno di amore che riversa nel rapporto, in apparenza violento e duro, con Ranocchio, un altro infelice adolescente come lui ma di lui ancora più debole e in quello, tutto intimo e silenzioso, con il padre, morto in un incidente sul lavoro nella cava, nella quale anche Malpelo alla fine scomparirà, senza lasciare alcuna traccia di sé.
La novella vuol dimostrare che tutto, in questo mondo, sia nella società umana, divisa tra sfruttati e sfruttatori, sia nella natura che la circonda, obbedisce alla legge economica della lotta per la sopravvivenza, del rapporto squilibrato tra forti e deboli.
Qui c'è molto di più di un povero ragazzo che lavora in miniera: Rosso e il suo sacrificio assumono ampi valori simbolici, fino a toccare l'eroismo di una coscienza capace di guardare veramente in faccia la realtà e di dire come stanno veramente le cose aldilà delle ipocrisie e delle mistificazioni ideologiche.
Così Rosso anticipa e ci ricorda i milioni di bambini ebrei dalla gialla stella di David (ancora un colore che marchia!), o zingari, o "diversi", scomparsi, disciolti nel fumo dei camini dei campi di concentramento.
Così Rosso si accomuna con quel "nero" ragazzino sudafricano malato di AIDS che, dopo aver denunciato al mondo indifferente lo strazio incolpevole delle proprie differenze, affronta con coraggio il suo ineluttabile destino scomparendo, con una dignità per noi quasi incomprensibile, nel ventre nero di un continente "maledetto"...
La rappresentazione insiste su una linea avviata da Teatro Evento con lo spettacolo "Il re morto di fame", dettata da un linguaggio ricco di possibilità espressive: centralità dell'attore e della sua sensibilità interpretativa, scenografia di semplici oggetti reinventati e straniati da pertinenti associazioni o contrasti, trama musicale mai a commento, bensì innervata nello sviluppo autentico della vicenda e, infine, un'architettura di luci fantasiosa e complessa, vera mappa spaziale, plastica ed emozionale di una scelta drammaturgica la quale reputa che là dove non esista una qualche utilità non possano esistere né il bello né l'artistico.

Per un pubblico a partire dagli 11 anni